Sei mesi, solo 173 giorni. Tanto è durata la scena di Paola Muraro, l’assessore all’Ambiente di Roma Capitale che ieri ha rassegnato le sue dimissioni dopo aver ricevuto un avviso di garanzia dalla Procura di Roma. Sei mesi di polemiche, cominciati in realtà già prima dell’insediamento in Campidoglio, quando il 17 giugno Virginia Raggi l’ha annunciata a Ostia. “Sa esattamente che cosa sta accadendo: sa dove mettere le mani per far ripartire Ama” aveva detto. Ed è stato proprio quell’annuncio, quel nome così ingombrante pronunciato dalla candidata pentastellata, a spaccare il Movimento fino al direttorio.
Sei mesi di polemiche e di intere pagine di giornale per una donna che è stata dirigente in Ama per oltre un decennio. Carica che l’ha condannata alla gogna anche da parte del M5S, che desiderava per questa carica una figura nuova, che producesse una cesura con la catastrofica gestione delle precedenti amministrazioni e compatibile con i valori fondamentali del Movimento, che potesse seguire la pista di Rifiuti Zero e l’economia circolare. Una decisione “sbagliata e ingiustificabile da qualunque punto di vista” tuonano i meet-up, base dell’organizzazione grillina.
E invece Virginia Raggi continua per la sua strada e, quando il 23 giugno si è insediata in Campidoglio, ha nominato ufficialmente la Muraro, che già il 29 giugno era operativa, incontrando Colari, l’azienda di Cerroni, per scongiurare l’emergenza rifiuti. Da allora, una valanga di guai l’ha investita, a partire dal blitz a Rocca Cencia, che l’assessore ha definito “un’inutile follia”, e nella sede di Ama, che ha portato alle dimissioni del presidente Daniele Fortini. Colonne su colonne sono state scritte su di lei. Nelle cronache si parla dell’ammontare delle consulenze, della sua vicinanza con Cerroni e il Fiscon, e si accenna anche all’indagine in Procura che ieri l’ha fatta scendere dagli scranni del Campidoglio. Lei all’inizio nega, e nega anche la sindaca. Persino Di Maio, che non ha letto attentamente una mail che ha ricevuto, dice di non sapere. Si parla di complotti, di golpe sui rifiuti, e così la Muraro viene praticamente blindata dalla sindaca.
Tuttavia, le negazioni hanno una data di scadenza: settembre. In Commissione Ecomafie, Raggi e Muraro confessano di essere a conoscenza dell’indagine già dal 18 luglio. E persino Di Maio, rileggendo la posta elettronica, ammette di esserne a conoscenza. Ma Virginia Raggi non ne vuole sapere di dimissioni: “Aspettiamo di leggere le carte”. Riceve così l’assalto anche dei vertici del Movimento, che la mollano, prevedendo guai che la sindaca sembra non riuscire a vedere.
Nel frattempo, Muraro ha steso un nuovo piano di raccolta, trascurando la richiesta della Regione Lazio di individuare una discarica di servizio, avvia insieme alla sindaca gli spazzatour e litiga più e più volte con l’amministratore di Ama Bina. Il tutto bagnato da una pioggia di notizie che l’hanno accompagnata verso il golgota della sua esperienza in Campidoglio nella giunta pentastellata di Virginia Raggi: l’arrivo dell’avviso di garanzia della Procura della Repubblica di Roma.
Ora non ci sono più chance, per Raggi e Muraro non c’è più niente da fare. L’assessore deve dimettersi. E lo fa pur dicendosi estranea ai fatti, “per rispetto istituzionale”. La sindaca accetta le dimissioni e assume nelle sue mani la delega all’Ambiente. Per ora soltanto il futuro potrà dirci a chi toccherà il compito di essere il successore della Muraro. (L’UNICO)
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