“L’8 marzo scioperiamo per il ritiro delle deleghe, l’abrogazione della legge 107 e per rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro, che tuteli diritti e assicuri una retribuzione consistente dinanzi alla ripresa dell’inflazione.” E’ quanto dichiarato dai Lavoratori Autoconvocati della Scuola, che hanno indetto una manifestazione di protesta in concomitanza della nota festa internazionale della donna. La manifestazione si terrà alle ore 9.00 in Piazza San Cosimato e da qui il corteo raggiungerà il MIUR.
“Vogliamo almeno 300 euro mensili lordi di aumento in busta paga. L’8 marzo, data dello sciopero femminista globale, è un’occasione per mobilitarci uniti con tutti i lavoratori e le lavoratrici, in prima persona interessati alla difesa del diritto all’istruzione dei propri figli. Gli otto decreti delegati – dichiara la nota a firma dei Lavoratori Autoconvocati della Scuola – peggiorano ulteriormente le condizioni di lavoro tagliando risorse alla scuola pubblica e completano la controriforma della legge 107, smascherandone ulteriormente le intenzioni. Tra le varie cose prevedono: una ulteriore dequalificazione delle scuole professionali, ridotte a formazione professionale a carico della finanza pubblica invece che delle imprese; il depotenziamento del sistema di inclusione scolastica delle persone con disabilità attraverso il taglio di organici di sostegno, la negazione del diritto alle persone con gravi disabilità di poter conseguire la licenza di terza media, e l’innalzamento del tetto di alunni per classe; la precarietà a vita per i nuovi assunti, con un periodo iniziale di tre anni sottopagati e sottoposti alla valutazione dei presidi ogni anno; la pervasività delle prove Invalsi, i cui esiti saranno inseriti nel curriculum degli studenti, divenendo obbligatorie per accedere agli esami del primo e del secondo ciclo di studi e per accedere alle facoltà a numero chiuso; l’alternanza scuola – lavoro diviene requisito di accesso agli esami di stato e oggetto di apertura del colloquio.”
“La legge 107 – prosegue la nota – ha già dimostrato nei suoi primi anni di applicazione di essere inadeguata e dannosa per la scuola italiana. Il sistema della chiamata diretta e il bonus per il merito degli insegnanti stanno producendo nelle scuole divisioni, comportamenti arbitrari dei dirigenti e costituiscono una minaccia alla libertà d’insegnamento costituzionalmente garantita. L’alternanza scuola-lavoro obbligatoria nelle scuole superiori sta portando i nostri studenti a fornire manodopera gratuita, perdendo tempo in attività per niente formative, che hanno il solo scopo di abituare gli studenti all’ubbidienza, allo sfruttamento e alla precarizzazione della forza-lavoro. Intanto le scuole italiane continuano a soffrire della carenza degli organici – prosegue il comunicato – dei docenti come del personale ATA, di docenti di sostegno specializzati, di strutture sicure ed attrezzate per la didattica, che si svolge spesso in classi sovraffollate.”
“Le condizioni di lavoro nelle scuole – continua la nota – sono molto cambiate a partire dalla sottoscrizione del CCNL nel 2007. Sui nostri rapporti di lavoro sono intervenute pesantemente la legge Brunetta e la buona scuola. Dal 2009 noi insegnanti abbiamo perso circa 300 euro al mese in termini di potere d’acquisto degli stipendi. Oggi il governo promette 85 euro di aumento medio lordo e un peggioramento della parte normativa, puntando a ridimensionare o eliminare il criterio dell’anzianità nella progressione stipendiale dei docenti.”
“Le lavoratrici e i lavoratori della scuola – si legge in conclusione – hanno invece bisogno di un rinnovo del contratto che restituisca dignità, anche dal punto di vista economico, al proprio lavoro e che ricostruisca un clima di collegialità e partecipazione nelle scuole, scardinando le divisioni introdotte dalla buona scuola e mettendo i lavoratori nella possibilità di poter collaborare tra pari e gestire le istituzioni scolastiche nello spirito costituzionale di garanzia del diritto all’istruzione di qualità.”
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