
di Riccardo CORSETTO
Nell’assalto alla Cgil il fascismo non c’entra, e vi spiego perché. Tra marzo del 2020 e oggi ho avuto modo di seguire da vicino alcune manifestazioni di piazza che si sono generate spontaneamente partendo dal web. Ricorderete le pagine che sono nate all’indomani del primo lockdown, come StopEuropa che catalizzò un milione di iscritti. All’inizio l’amalgama era l’avversione all’Ue e a Conte che condannavano l’Italia ad un blocco totale senza che ci fossero gli adeguati sostegni finanziari per impedire al Paese di morire economicamente. Categorie di ristoratori ed esercenti, maggiormente colpiti dal lockdown, hanno iniziato ad organizzarsi estemporaneamente per colmare la piazza, lasciata vuota, su questi temi dai partiti e abbandonati dai sindacati.
Frequentando alcune di queste manifestazioni si incontrava un po’ di tutto: società civile, non ideologica ma economicamente colpita per un buon 60%, manovalanza di destra extraparlamentare già “nota” per un buon 10 %, manovalanza di sinistra pure extraparlamentare e sempre già nota a stampa e forze dell’ordine per il 20%. Il restante 10% è rappresentato da cani sciolti che vivono ai margini della società e aderiscono a qualunque iniziativa antisistema, al di là del significato.
Un tempo li avreste definiti anarchici ma oggi non credo che il nome sia appropriato. In questo contesto, di eccezionale trasversalità, l’unica formazione partitica che si è inserita per organizzare tale malcontento è stata Forza Nuova. Ma Forza Nuova – ci dice la cronaca – ha sempre messo a sua disposizione un po’ di struttura e un po’ di militanti, senza nemmeno portare le bandiere in piazza, a dimostrazione che quelle mobilitazioni erano civiche, nascevano online, quindi non di partito né univocamente assimilabili o riconducibili ad una unica matrice.
Chiunque dunque avrebbe potuto trovarsi davanti alla CGIL, dove un gruppo di 50 teppisti hanno sfasciato tutto. Ma il fascismo che ci piaccia o meno fu una cosa, il teppismo e lo squadrismo un’altra. Non si deve nemmeno provare a giustificare chi sfascia casa di un altro, ma una considerazione di distinguo va fatta se pensiamo che i black block sfasciavano le vetrine di innocenti cittadini, inermi e casuali, mentre in questo caso siamo davanti ad un gesto non sommario, bensì simbolicamente scelto, la sede del maggiore sindacato italiano, e per lo più annunciato: la CGIL somiglia a un “bersaglio militare”, che in termini di guerriglia urbana obbliga a un distinguo rispetto all’indiscriminato assalto a negozi e vetrine private al modo dei black block. Distinguo che si deve considerare non solo dal punto simbolico e politico ma anche dal punto di vista sistemico. Le vetrine dei negozi assaltate dai black block non sono difendibili, proprio per l’occasionalità del bersaglio, mentre la sede nazionale della CGIL non solo lo era, ma doveva essere difesa dalle forze dell’ordine. Ora io non ho le prove per dire che ci fossero agenti infiltrati, anche se sappiamo che c’erano, e certamente sappiamo che c’erano agenti di polizia che picchiavano come fabbri in abiti civili e altri in divisa che non hanno impedito l’assalto.
“Infiltrare per delegittimare”, diceva qualcuno. In questo quadro – eccezionalmente multiforme e caotico – Forza Nuova non può essere considerata responsabile semplicemente perché dai video si vedono reati individuali e non certo ascrivibili a una chiara matrice partitica né politica. In quei gruppi c’è di tutto. E il fascismo poco c’azzecca in una azione violenta, ma non indiscriminata nel senso di cui prima, e addirittura preannunciata, che nasce da una piazza che ha iniziato a riunirsi caoticamente circa un anno fa a Bocca della Verità, se ricordate, dove c’era persino Vittorio Sgarbi insieme a Nonna Maura. Che non credo abbiano mai usato l’olio di ricino. A qualcuno, diciamo che la favola del fascismo torna sempre utile, almeno fino al voto di domani.
riccardo.corsetto@gmail.com
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