

di Riccardo CORSETTO
Non pago di smacchiare giaguari, adesso Pierluigi Bersani vuole smacchiare Mussolini. Eppure pochi giorni fa, dopo la debacle storica del Pd, aveva promesso di lasciare spazio ai giovani. Invano. Tanto che per tornare un poco sui giornali ha pensato bene di prendersela col Duce assassinato 70 anni fa. La colpa è tutta di una fotografia, apparsa nei locali del Ministero dello Sviluppo Economico, dove funzionari ministeriali – in occasione del 90° anniversario del Ministero – hanno pensato bene di allestire una raccolta con le foto di tutti i personaggi che nella storia del ministero hanno ricoperto la carica di Ministro. Ebbene tra questi ci sono Benito Amilcare Mussolini e Pierluigi Bersani, insieme a molti altri. Qui il capriccio del compagno Pier: “o lui o me”, ha tuonato. E alla fine, per sussiego all’ultima moda politically correct che si chiama cancel culture, Mussolini, o meglio la sua fotografia, è stata epurata dalla raccolta.
Ma basta questo a fare cancel culture? Solo se si è ignoranti o in malafede. Infatti Bersani, dovrebbe sapere che il Mise, Ministero dello Sviluppo Economico, di cui cade quest’anno il 90° anniversario è stato costruito a partire dal 1929, e inaugurato come Ministero delle Corporazioni nel 1932. A progettarlo furono gli architetti Marcello Piacentini, che dà il nome al palazzo, tra i più belli tra i ministeri romani, con l’aiuto di Giuseppe Vaccaro. A volerlo furono Benito Mussolini e Giuseppe Bottai, all’epoca Presidente del Consiglio dei ministri e Ministro delle Corporazioni, che investirono 32 milioni di lire nel progetto e oltre un milione per le opere artistiche che coinvolsero artisti del calibro di Mario Sironi, Antonio Maraini, Ercole Drei, e per gli arazzi, Ferruccio Ferrazzi. Il portale, bellissimo, in bronzo, è opera di Giovanni Prini. Molti potrebbero confondere Palazzo Piacentini con la sede del ministero di Grazia e Giustizia a Via Arenula, ma quello fu edificato prima del fascismo, in stile neorinascimentale, tra il 1913 e il 1920, da Pio Piacentini, omonimo di Marcello.
Insomma, bisognerebbe capire, per onestà storica e intellettuale che se davvero si vuol procedere nella follia della cancel culture, variante aggressiva del politically correct, deflagrato negli USA addirittura contro Cristoforo Colombo, non basta rimuovere la foto di Mussolini da Palazzo Piacentini, ma bisogna demolire pezzo per pezzo l’intero palazzo. Perché lì dentro c’è la storia dell’idea corporativistica scolpita nella pietra del rione Ludovisi, in una via Veneto che precedette di vent’anni la Dolce Vita, e architettonicamente rappresentò l’idea, ancora utopica, delle corporazioni come superamento della lotta di classe.
riccardo.corsetto@gmail.com
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