di Stefano Mastrillo
“In un’economia con una propria valuta fiat, l’autorità monetaria e l’autorità fiscale possono garantire che il debito pubblico sia denominato in una valuta nazionale non a debito: questo significa che i titoli di Stato in scadenza siano convertibili, alla pari, in valuta. In questo modo la politica fiscale può concentrarsi sulla stabilizzazione del ciclo economico quando la politica monetaria incontra il vincolo del limite inferiore, ossia quando i tassi di riferimento delle Banche Centrali sono a zero. Tuttavia, le autorità fiscali dei paesi dell’area euro hanno rinunciato a questo meccanismo e di conseguenza, è stato difficile raggiungere un’effettiva stabilizzazione del quadro macroeconomico”.
Chi ha scritto queste parole? Qualche populista brutto e cattivo? No, lo hanno scritto Marek Jarociński e Bartosz Maćkowiak, entrambi Senior Economist, Directorate General Research, Monetary Policy Research Division nell’articolo “Monetary-fiscal interactions and the euro area’s vulnerability” pubblicato proprio sul sito della Banca Centrale Europea: a fronte di queste importante articolo è evidente che va fatta qualche riflessione.

La pandemia Covid-19, come si evince dall’immagine, ha scatenato, oltre all’emergenza sanitaria, anche quella economica: il PIL mondiale, alla fine di quest’anno, segnerà un -3 % e tra i Paesi maggiormente colpiti ci saranno Italia e Spagna, che registreranno contrazioni del PIL pari rispettivamente a -9,1% e a -8,0 (ci sono stime che parlano di un crollo italiano anche di 15 punti percentuali). Germania e Francia non è che se la passino meglio: i due Paesi egemoni di questa Unione Europea, dell’Area Euro in generale e del Consiglio del MES (ben 5 tedeschi e 2 francesi, nessuna traccia degli altri 25 Paesi dell’UE), i due Paesi che “hannofattoleriformeh” registreranno anche loro forti ripercussioni sulle loro economie. Se osserviamo queste stime possiamo evincere come questo shock sia asimmetrico, ossia è più forte in altri Paesi rispetto ad altri, soprattutto nelle economie avanzate, ma il settore che sarà maggiormente colpito sarà quello dei servizi.
Questo crollo che, per il caso tedesco sarà superiore rispetto alla media dell’Eurozona, poggiano sull’ipotesi che il lockdown o chiusura totale se preferite, cesserà entro il secondo trimestre del 2020. Un’ipotesi che al momento ci sembra eccessivamente ottimistica: infatti se la chiusura totale dovesse continuare o peggio ancora riprendere un’altra volta, il PIL delle economie avanzate potrebbe arrivare fino al 10% o addirittura superarlo (rispetto al 6% attualmente previsto). Numeri da economie di guerra che stanno creando non poche preoccupazioni sia ai cittadini che al mondo delle imprese. È in corso, nelle ultime settimane, uno scontro tra Paesi del Nord e del Sud Europa con i primi che vogliono imporre ai secondi il ricorso al MES o altri strumenti con condizionalità stringenti mentre i secondi vorrebbero maggiore flessibilità alla luce dei possibili scenari che potrebbero verificarsi in un immediato futuro.
Le condizionalità a cui si fa riferimento sono quelle presenti nell’art. 136 TFUE, la cui modifica avvenuta con la legge 23 luglio 2012, n. 115 ha consentito l’istituzione dello stesso MES (Meccanismo Europeo di Stabilità) e che testualmente recita: “Gli Stati membri la cui moneta è l’euro possono istituire un meccanismo di stabilità da attivare ove indispensabile per salvaguardare la stabilità della zona euro nel suo insieme. La concessione di qualsiasi assistenza finanziaria necessaria nell’ambito del meccanismo sarà soggetta a una rigorosa condizionalità”.
Capito? Quando vi parlano di MES Light vi stanno prendendo per il culo! Senza alcun ritegno… Anche gli Eurobond non sono da meno. Infatti, i titoli di debito condiviso, denominati in euro, in caso di Italexit non permetteranno agli Stati sovrani di usare la lex monetae in quanto soggetti al diritto estero e non al diritto nazionale essendo stati emessi da istituzioni internazionali: titoli che comunque vanno rimborsati (sia in caso di permanenza nell’area euro sia in caso di addio) e che pertanto non prendono in considerazione la monetizzazione del debito, per gli amici sovranità monetaria, concetto che proveremo a capire tra poco, alla luce di questo possibile scenario.

Secondo l’Osservatorio dei Conti Pubblici Italiani, il debito pubblico italiano in rapporto al PIL dovrebbe arrivare al 157,6%, un numero che difficilmente sarà sostenibile per le finanze di uno Stato (nonostante le aste italiane registrano una domanda superiore all’offerta). Quindi al di là degli strumenti proposti (SURE, MES, Recovery Fund) tutti strumenti che alimenteranno ancor più la strategia della tensione e la sottomissione dei popoli al ricatto del debito, occorre che la BCE inizi a fare la Banca Centrale e non la Banca privata (modificando l’art. 123 TFUE o quanto meno sospendere quel trattato come è stato fatto per il Patto di Stabilità e Crescita) finanziando direttamente gli Stati e mediante la monetizzazione del debito, depennando i titoli che compra essendo la Banca Centrale il monopolista della valuta.
Quando una Banca Centrale di uno Stato acquista debito pubblico dello stesso Stato in pratica è come se non esistesse: lo Stato vanta un debito e contemporaneamente un credito verso sé stesso e nel frattempo immette liquidità. La Banca Centrale, espressamente autorizzata alla creazione di nuova base monetaria, si occupa di gestire l’immissione e il drenaggio della nuova liquidità all’interno del sistema economico e può ripetere questo processo all’infinito: tutto ciò permette allo Stato di non essere esposto ai diversi rischi (di credito, di mercato ecc.) rendendo lo Stato mai soggetto a default. Nel caso italiano, il debito depennabile ammonterebbe al 38,5%, dunque il debito italiano si attesterebbe al 120%, numero decisamente diverso… Questa si chiama sovranità monetaria.
Il ricorso a strumenti di debito senza la sovranità monetaria sarebbe catastrofico; le Banche Centrali sono l’unica arma che abbiamo a disposizione per arginare un disastro annunciato, ma serve la volontà e la capacità di agire che oggi sembra mancare alla BCE. È tempo di agire, è finalmente tempo di riprenderci la sovranità monetaria, basta palliativi che non faranno altro che rimandare il problema, se non peggiorarlo. Dopo anni di accordi al ribasso, è arrivata l’ora di tirare fuori le palle.
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