Giorgia Meloni premier e il femminismo a senso unico della sinistra

Giorgia Meloni è la prima donna a ricoprire la carica di Presidente del Consiglio. Un evento di portata storica, ma per lei solamente trite e ritrite accuse di fascismo.

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Giorgia Meloni, Presidente del Consiglio

Fosse stata una qualsiasi donna di sinistra, il 21 ottobre 2022 sarebbe stato celebrato da ogni parte come una giornata storica, perché per la prima volta una donna assume la carica di Presidente del Consiglio dei Ministri. In una qualsiasi società che aspira giustamente alle pari opportunità, la nomina della prima Premier donna avrebbe rappresentato un’occasione di riscatto, un evento da ricordare ad imperitura memoria. Probabilmente sarebbe persino diventata festa nazionale.

Invece il Presidente della Repubblica ha dato l’incarico a Giorgia Meloni, leader del principale partito della coalizione di destra, che ha vinto in maniera schiacciante delle elezioni politiche dello scorso 25 settembre. Un personaggio che certamente è espressione della volontà popolare, venuta fuori in maniera inequivocabile dai risultati elettorali. “È la democrazia, bellezza!“, si potrebbe dire parafrasando le parole di un vecchio film. Il meraviglioso gioco della democrazia per cui governa chi riesce ad ottenere il più alto consenso elettorale.

GIorgia Meloni a colloquio con il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella

Peraltro, il neonato Governo, che questa mattina ha giurato di fronte al Presidente della Repubblica, non detiene solo il primato della prima donna alla presidenza. Giorgia Meloni è stata capace anche di tenere le redini di un gruppo, nonostante fisiologici dissidi e screzi all’interno della coalizione, che al Colle si è presentato unito. La Meloni è riuscita, inoltre, a dare alla nazione un Governo pienamente operativo a poco meno di un mese dalle elezioni politiche e a tre mesi esatti dallo scioglimento delle Camere. Si tratta di un risultato straordinario, se si pensa che nel 2013 il governo presieduto da Enrico Letta aveva potuto giurare solamente dopo due mesi dalle elezioni, mentre il primo governo Conte nel 2018 addirittura dopo tre mesi.

Per Giorgia Meloni, però, nessuna levata di scudi, nessun grido di vittoria. A lei sono riservate solamente anacronistiche, trite e ritrite accuse di fascismo. D’altra parte, il “fascismo di Giorgia Meloni” è stato il tema principale della campagna elettorale condotta dal PD e dagli altri gruppi di centrosinistra. Anzi, proprio da questo fronte – che immediatamente dopo le elezioni era sceso in piazza a protestare contro il governo Meloni ancora nemmeno costituito – emergono strategie per far cadere il governo il prima possibile. A sinistra, insomma, non ci si rassegna al fatto che, in democrazia, possa pure governare qualcun altro. Perché il grande gioco della democrazia è bello solamente quando sono loro a vincere.

Il neonato Governo Meloni dopo il giuramento

In questo scenario così desolante, di fronte ad un femminismo “a senso unico”, che concede i diritti alle donne solo quando sono di sinistra, il risultato di Giorgia Meloni, e l’incarico che è chiamata a scolgere, assume un’importanza ancora più rilevante. Perché dimostra che il successo delle donne non passa attraverso le sterili “quote rosa” o le forzature di un femminismo a tutti i costi, quasi di facciata. Ciò che premia è la capacità di formare una classe dirigente, una leadership competente ed efficace, in grado di prendersi la scena e, da sola, rilasciare le dichiarazioni al termine delle consultazioni al Quirinale in mezzo ad una delegazione di soli uomini. E di assumere la presidenza di un governo con una grossa presenza maschile.

Francesco Amato

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