
di Alessandro Maria Terra
Mi è capitato di vedere l’intervento di Stefano Massini su Piazza Pulita, in cui ci racconta la storia di un suo conoscente, un certo Marcello, diventato partigiano dopo essere stato picchiato ingiustamente dalle forze dell’ordine che al tempo difendevano il Regime. Storia interessante e raccontata nel migliore dei modi, ma è pur vero che ad ogni storia corrisponde un retroscena, un’altra faccia della medaglia, che non sempre viene raccontato. Prendendo spunto dal dott. Massini, vi vorrei raccontare anche io una storia di una persona che ho avuto la Fortuna di conoscere quando ero più piccolo.
Vi voglio raccontare la storia di Gina Romeo.
Gina nasce il 20 aprile del 1926 e come molti di quegli anni amava la situazione politica che vigeva in Italia. Amava il Duce, ma ancor di più amava il Generale Bonaccorsi, liberatore di Malaga, viceré in Africa Orientale… insomma un vero combattente. Lo ha amato così tanto che Bonaccorsi col finire della guerra, dato il rapporto che si creò, la prese a lavorare nel suo studio… ma questa è un’altra storia.
Amava quel Regime, che nei primi anni della sua infanzia, dal suo punto di vista, aveva reso grande l’Italia e nonostante fu indebolito col Gran Consiglio del Fascismo il 25 luglio del 1943, l’amore per i suoi ideali portarono Gina oltre ciò che indubbiamente conveniva e, fiera delle sue idee che l’hanno accompagnata per tutta la vita, nel 1944, a 18 anni, fu una delle prime ragazze ad arruolarsi nel SAF (Servizio Ausiliaria Femminile), corpo femminile delle forze armate della RSI.
Il 25 aprile del 1945, come tutti sappiamo, Benito Mussolini viene catturato, e i suoi seguaci vengono intercettati e bloccati. Gina ovviamente, ebbe la stessa sorte. Fieri della loro vittoria, “i liberatori” (o meglio “i vincitori”) presero una ragazza di 19 anni, la denudarono, la violentarono in gruppo, la dipinsero di rosso e la fecero marciare per le strade come una bestia… Gina fu solo una delle 2365 donne che subirono questo trattamento. Il caso più noto fu quello di Giuseppina Ghersi, una ragazza, o meglio bambina, di 13 anni che ebbe l’unica colpa di aver ricevuto i complimenti da Benito Mussolini per un tema scolastico svolto.
Mi ricordo un giorno, un 25 aprile di qualche anno fa, Gina era venuta a pranzo da noi come spesso accadeva negli anni, e parlando con mia madre si confidò e disse: “Sai io non mi sono mai sposata perché non mi sentivo degna”. Questo per me è il 25 aprile. Non una festa, non una vittoria e non una sconfitta.
Non c’è festa nel ricordare una data in cui i nostri concittadini, i nostri fratelli si sono uccisi tra di loro. Una data in cui è caduto un mondo ed è nato un altro molto simile: il mondo del regime totalitario è stato sostituito dal mondo che, col grido a della Liberazione, oggi ricalca, in modo meno esplicito, le stesse linee tanto combattute (per esempio la libertà di pensiero ostacolata dalle finte Task Force). Una data che, successivamente, ha dato la possibilità alla NATO d’instaurare 59 basi sul territorio italiano per “motivi di sicurezza”…. D’altronde, cade un Regime e se n’è alza un altro, ma forse alcuni se ne devono ancora accorgere.
A mio avviso quando le persone muoiono non si festeggia, e questo vale per tutti i tipi di scontro. Non c’è festa nella morte.
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