Immigrazione, De Felice a Exit: “Responsabilità è di chi persegue politica ipocrita”

L'ammiraglio Nicola De Felice è intervenuto alla prima puntata di Exit dopo la pausa estiva: "Le stragi in mare sono responsabilità di chi si ostina a perseguire una politica migratoria ipocrita. Il blocco aereonavale con questo governo che non ha strategia di sicurezza è impossibile".

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Chi persegue una politica migratoria falsa e ipocrita è responsabile delle stragi in mare. Chi intende portare in Italia gente che non scappa da guerre e miserie particolari ma che può pagarsi tranquillamente il viaggio, e addirittura persone della media boghesia tunisina e del Bangladesh“. Ne è certo l’ammiraglio di divisione Nicola De Felice, ospite della prima puntata dopo la pausa estiva di Exit, la trasmissione in streaming del gruppo StopEuropa condotta da Riccardo Corsetto. “Tutte queste persone, attraverso una struttura criminale, vengono trasportate in Libia e da lì partono dell’Italia con navi appartenenti alle Ong, perché dalla Libia non ci sono sbarchi diretti se non in minima parte – spiega De Felice -. La responsabilità politica va, dunque, anche agli stati di bandiera delle navi Ong, tra cui, come gli ultimi casi, Germania e Spagna“.

L’ammiraglio ha poi commentato il caso della Sea Watch 3. “Carola Rackete ha infranto le leggi internazionali, ha infranto il codice della navigazione italiano, ha infranto il decreto sicurezza di Salvini e alla fine ha speronato una motovedetta della Guardia di Finanza, mettendo a repentaglio la vita di nostri cinque militari – ha detto a Exit –. Oltre ad una manifesta parzialità di parte della magistratura, c’è la responsabilità personale anche degli esponenti politici di PD e Italia Viva, che sono saliti a bordo della Sea Watch e che hanno anche condiviso lo speronamento della motovedetta“.

de felice exit
Il giornalista Riccardo Corsetto e l’ammiraglio Nicola De Felice.

L’ammiraglio De Felice ha, quindi, parlato del blocco aereonavale in Africa, che è il piano che da sempre propone per ridurre il problema dell’immigrazione clandestina. “Lo abbiamo già fatto con Gheddafi nel 2008, ma per rifarlo ci vuole un governo capace di strutturare una strategia di sicurezza nazionale: cosa che con l’attuale governo è praticamente impossibile – spiega -. La politica estera in Italia vive sul contingente e sul mettere insieme idee sconclusionate. Va da sè che non basta il solo strumento militare, ma è necessario un buon apparato diplomatico ed economico che possano interloquire con la controparte“.

Per l’ammiraglio è importante dialogare anche diplomaticamente con i paesi africani. “Ad esempio, con la Tunisia, l’esca può essere di tipo economico, con l’esportazione dell’olio di oliva – dice De Felice –. Farli sedere a tavolino e trovare insieme un piano per salvaguardare gli interessi di entrambi gli stati: facciamo un pattugliamento misto, con militari italiani e tunisini, e sorvegliamo le coste tunisine per individuare i barchini e fermarli subito“. Solo così si può fare in modo che non parta nessuno da coste che normalmente non sono sufficientemente sorvegliate.

Per quanto riguarda le possibili frange estremiste che potrebbero vedere la presenza italiana sulle coste tunisine come un’invasione, dando vita ad una possibile escalation incontrollabile, l’ammiraglio spiega che “il rischio c’è e non va sottovalutato, come non viene sottovalutato il rischio per la presenza italiana in Afghanistan, in Iraq o in Libano“. Per questo è importante che l’azione sia “concordata con la controparte e abbia l’avvallo delle Nazioni Unite e dell’Unione Europea“.

F.A.

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