L’Occidente non condanna l’attentato a Dugin

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Darya Dugina
Riccardo Corsetto Direttore L’Unico

di Riccardo Corsetto*

Mi fa tristezza il silenzio in Italia, in Europa e nel mondo “civile” che non ha alcuna parola di solidarietà e condanna per la sorte di Darya Dugina, giornalista russa appena 30enne eliminata al posto del padre, pensatore tra gli epigoni teorici del Tramonto dell’Occidente, “fotografo” intellettuale di quel Kali Yuga che i nostri occhi rifiutano anche di osservare.
Come se distogliere lo sguardo dall’epoca oscura che inghiotte in un solo boccone la cultura mediterranea, cristiana e greco-romana possa negarci di essere davvero sulla soglia del baratro, sul cortile dell’ultimo dei quattro yuga, epoca nera caratterizzata da conflitti, epidemia, carestie spirituali e da una diffusa ignoranza interiore, che induce gli uomini a credere solo negli aspetti più edonisti, superficiali e materialistici della realtà e della vita.
Per questo mandare a miglior vita Dugina non deve essere stato poi un errore logistico: mandarci suo padre in persona, filosofo colpevole di pensare liberamente contro l’Apologia dell’Occidente (beninteso, l’Ovest “Atlantico” che ha appena 70 anni di cultura materialista, e non l’Occidente indoeuropeo “Kurganico” che ne ha almeno 5000, e passa per Roma, Atene, la Terza Roma e ritorna col Rinascimento nel cuore italiano dell’Europa) sarebbe stato martirizzare la sua filosofia critica del Declino del mondo moderno.
E però questo a me sembra un “regalo” che i professionisti del terro- re hanno tentato invano di risparmiarsi, credendo ingenuamente che accanirsi sull’inerme figlia dell’intellettuale, portasse migliori risultati: intimorire e dissuadere i militi dell’antideclino attaccando quel che un uomo possiede di più prezioso: i figli.
Calcoli errati!
Dugin oggi infatti è già più letto e conosciuto di ieri, involontariamente “martirizzato” perché il terrorismo , in ogni sua forma (anche quando è dettato da pretese giuste cause, ammesso che possano essercene mai di giuste a fondarlo e la codardia che s’accanisce sugli inermi) crea sempre eroi, miti, santi. In una parola crea agiografie.
Il messaggio filosofico e metapolitico di Dugin, che inizia molto prima della guerra russo-Ucraina per il dominio del Donbass, dopo la bomba che ha flagellato il corpo della giovane figlia, suppliziandola come una Giovanna D’Arco del Terzo Millennio, decuplicherà il suo uditorio con numeri impensabili prima, dando a Dugin la visibilità che di solito spetta ai santi.
Sorte simile spetto’ al poeta Ezra Pound, il più grande del ‘900 che l’Occidente “Atlantico”, condanno’ alla follia come un pericoloso sbandato per le sue idee perniciose e scomode.
Dunque Dugin come Pound, come Galileo, come Giordano Bruno, come Giovanna D’Arco.
Perché quando si ottiene la morte come pena per aver espresso idee, significa già essere elevati a mito, guadagnare l’Olimpo dei pensatori eterni, in una fenomenologia in fondo molto banale a cui la storia ci ha da sempre abituati.
Farebbero bene a capirlo i professionisti del terrore, che dopo il dolore del padre, hanno anche creato le basi per il mito del pensiero del filosofo.
Che siano stati quelli della CIA, dei servizi inglesi, gli agenti di Kiev, il battaglione Azov, i partigiani russi, una cosa è certa: gli attentatori di Dugina hanno amplificato la voce del padre rendendola degna di attenzione anche a coloro che la ignoravano, e da oggi è una voce che si farà mitica, alzando le tirature di vendita dei suoi libri come nessuna operazione di marketing potrebbe fare e anzi consegnandolo alla storia non solo della Russia.
I giovani soprattutto, si sa, subiscono il fascino dei martiri.
I terroristi ingenui scelgono di solito la violenza perché hanno un’indole tale. Di fatto la loro non è una scelta, ma una naturale inclinazione. Se ciò è vero non possiamo pretendere che ragionino pacificamente sulle conseguenze delle loro azioni, che mai conducono per altro alla vittoria, ma solo al caos e all’escalation.
Quello che però si dovrebbe pretendere, è una sana e legittima pietà in Europa e in Italia per le vittime di queste azioni che sono cosa un po’ diversa dalle vittime della guerra. Non si può fare confusione come qualcuno tenta.
E invece né dall’Unione Europea, né dal mondo politico italiano, né dalla stampa si è alzato un solo “requiem” per la Dugina. Come se in fondo se lo fosse meritato di perire a quel modo, quella fascia rosso-bruna.
Ma Darya Dugina non è morta causalmente come tanti civili inermi sotto le bombe di una guerra inutile, ma colpita scientemente perché portatrice di un sistema di opinioni.
Che possono non piacere ma sono solo e niente altro che pensiero.
Chi ha tolto la vita a Dugina porta la stessa non-cultura dell’oblio come coloro che hanno armato la mano dell’attentatore di Salman Rushdie o della Politkovskaja, cui giustamente tutto il mondo tributa ossequi e accorate preghiere dal giorno del suo supplizio.
Se l’Occidente che combatte la Russia non condanna per questione di calcolo nemmeno i carnefici di Mosca, a seconda del pensiero della vittima, allora questo Occidente ha imboccato pericolosamente il vicolo cieco dell’integralismo morale, ateo e materialista, che ha la sua fede nella non-fede. Il suo Dio nel Denaro, la sua religione nella non religione. Un occidente che dunque ammette il terrore come metodo, che non ha empatia con chi muore colpevole di aver pensato diversamente. Un occidente che emula una forma soft di fanatismo religioso. Un fanatismo d’Io essendo morto Dio da un pezzo.
Sulla stampa italiana si narra del fatto come si racconta una qualsiasi cronaca politica.
Come non ci fosse una vita, una donna, una persona, ma solo la vittima incauta del suo stesso cattivo e pericoloso pensiero.
Ma le vittime del terro-re sono tutte uguali, e meriterebbero tutte la stessa compassione. Senza guardare come la pensano.

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