È stato interrogato oggi Luca Odevaine, ex vice capo di gabinetto imputato nel processo Mafia Capitale. “Con la giunta Alemanno sì stabili un accordo per cui ad ogni consigliere comunale vennero dati 400mila euro da spendere per eventi culturali – ha detto nell’interrogatorio cominciato poco dopo le 10 –. L’accordo fu preso dal sindaco Alemanno e dal capogruppo di minoranza Umberto Marroni”. È stato interrogato dal pm Luca Tescaroli sul periodo in cui era il centro destra ad amministrare Roma e lui, vice capo di gabinetto di Veltroni, fu confermato per i primi tre mesi da Alemanno, per poi essere messo da parte. “Alemanno mi disse che per tutto il periodo della mia permanenza al Comune – continua – le due sue persone di assoluta fiducia a cui avrei dovuto far riferimento per qualunque cosa erano Riccardo Mancini e l’onorevole Vincenzo Piso, che era stato in carcere con lui negli anni Ottanta e aveva finanziato la sua campagna elettorale. Quando a capo dell’Ufficio Decoro venne nominato Mirko Giannotta, segretario storico del Movimento Sociale di Acca Larentia e responsabile della tentata rapina nel maggio 2006 da Bulgari in via Condotti, e distrusse tutti gli archivi del materiale di pubblica sicurezza da me raccolto, decisi di lasciare Palazzo Senatorio e mi spostai in una stanza a piazza San Marco”.
“Ho percepito cinquemila euro al mese da Salvatore Buzzi – aggiunge – da fine 2011 al novembre del 2014. Per lui risolvevo i problemi, facilitavo gli interessi di Buzzi. Ho preso soldi anche dalla cooperativa La Cascina”. Odevaine ha ammesso di aver intascato tangenti sfruttando il suo lavoro di componente del Tavolo di coordinamento sugli immigrati del Viminale. “Venivo remunerato dal gruppo Buzzi per la mia attività di ‘facilitatore’. Semplificavo i suoi rapporti con la pubblica amministrazione. Svolgevo un funzione di raccordo tra le sue cooperative, il ministero degli Interni e i funzionari della Prefettura, un mondo con il quale le coop faticavano ad avere un dialogo costante. Io mettevo a disposizione l’esperienza acquisita nel Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, conoscevo molte persone ma non e’ vero che io orientassi i flussi degli immigrati, non avrei potuto farlo. Il Tavolo discuteva su temi generali e non decideva”.
Odevaine è stato quindi interrogato sui soldi ricevuti dai vertici della Cascina per agevolare l’assegnazione dell’appalto per la gestione del Cara di Mineo, in Sicilia. “Anche in questo caso – ha spiegato – ricevevo soldi per il mio lavoro di raccordo col Ministero dell’Interno”. Infine si è parlato di Stefano Bravo, anche lui sotto processo per corruzione per aver curato la predisposizione della documentazione fittizia che avrebbe dovuto giustificare l’ingresso delle somme illecite nella casse della Fondazione e delle società riferite a Odevaine. “Era il mio commercialista personale e della famiglia, si occupava della contabilità della Fondazione. A lui ogni tanto chiedevo consiglio, gli dissi che avevo soldi in contanti ma lui certe cose preferiva non saperle. Io gli presentai i rappresentanti della Cascina e poiche’ con questa cooperativa avevo in piedi un affare che non aveva nulla a che vedere con la questione immigrati, gli chiesi se voleva occuparsene. Cominciavo ad avere numerose attivita’ fuori dall’Italia e avevo bisogno di una persona che seguisse le mie cose in Italia”.(L’UNICO)
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