Nell’apprendere della nascita di un gruppo interparlamentare “pro-Mes” viene da chiedersi se i loro componenti ci sono o ci fanno. Soprattutto se consideriamo, sfrondando il discorso da molti altri legittimi rilievi, il minuscolo “pro” e il macroscopico “contro” di un accesso dell’Italia ai fondi del noto Meccanismo. Il vantaggio – in termini di risparmio di interessi rispetto a un indebitamento tradizionale con sottoscrizione di 36 miliardi di BTP decennali – sarebbe di circa 350 milioni all’anno.
Per capirci, il prezzo, suppergiù, dei famosi (e inutili) banchi con le rotelle del Ministro Azzolina che magari ci costeranno altrettanto per essere smaltiti. L’enorme svantaggio, invece, è il famoso “stigma” di cui si è accorto persino il nostro premier: il MES è concepito per Stati alla canna del gas, con problemi di accesso ai mercati. Chiederne la “terapia intensiva” è come mettersi il cappello da asino in testa per far sapere a tutti quanto si è (o quanto si è stati) somari.
Quindi, chi invoca a gran voce il MES, nelle migliore delle ipotesi è un incompetente, o ignorante, in buona fede. Nella peggiore, è uno che sa benissimo cosa vuole ottenere: la de-sovranizzazione definitiva del Paese; e sa perfettamente anche dove vuole arrivare: a un trasferimento oltre confine della governance economica (domestica) con il quale imbrigliare eventuali futuri esecutivi non abbastanza proni a Bruxelles. Ora, una notizia degli ultimi giorni va ad avvalorare questa tesi.
Ci riferiamo alla vendita di Montepaschi da parte dello Stato (che ha salvato la banca col buco) ai privati, i quali godranno di un istituto di credito risanato (da Pantalone) con cui tornare a macinare utili. Il 16 ottobre, il Presidente del Consiglio ha siglato un altro dei suoi celeberrimi Dpcm che autorizza l’offerta ai mercati delle quote di Montepaschi detenute dallo Stato stesso. Curioso: l’Italia, a differenza della Germania, non ha una rete di banche pubbliche. Per la precisione, ha una sola banca interamente pubblica, ma piccolina: Mediocredito Centrale. E poi ha Montepaschi. Ce l’ha da poco tempo e ne possiede la maggioranza delle azioni.
Ebbene, il nostro Governo avrebbe tutto l’interesse, per quanto diremo, a tenersela stretta e addirittura a implementare il numero e la dimensione delle proprie banche pubbliche. Soprattutto se sono banche “di sistema” come Montepaschi.
È grazie a realtà similari (la KFW, in particolare) che la Merkel è riuscita ad immettere oltre 550 miliardi di euro nell’economia reale, all’inizio della pandemia. Senza dover chiedere permesso a nessuno e senza rischiare di essere messa sotto tutela da qualcuno. Invece l’Italia, ora che ne ha una, sta progettando di liberarsene. Ma che c’entra, direte, tutto ciò con il MES?

C’entra eccome, perché tramite una banca pubblica lo Stato avrebbe la possibilità di procurarsi vagonate di miliardi semplicemente accedendo ai prestiti che la BCE riserva al sistema bancario. Infatti, ai sensi dell’articolo 123 del TFUE (Trattato di Lisbona) ciò che è precluso agli Stati (vale a dire “rifocillarsi” di denaro fresco a costo zero o sottozero dalla BCE) è consentito alle banche, pubbliche o private che siano. Il primo comma della norma in questione recita così: “Sono vietati la concessione di scoperti di conto o qualsiasi altra forma di facilitazione creditizia, da parte della Banca centrale europea o da parte delle banche centrali degli Stati membri (in appresso denominate banche centrali nazionali), a istituzioni, organi od organismi dell’Unione, alle amministrazioni statali eccetera”.
Ma il secondo aggiunge: “Le disposizioni del paragrafo 1 non si applicano agli enti creditizi di proprietà pubblica che, nel contesto dell’offerta di liquidità da parte delle banche centrali, devono ricevere dalle banche centrali nazionali e dalla Banca centrale europea lo stesso trattamento degli enti creditizi privati”. Tradotto in parole povere, ma dagli effetti “ricchissimi”: il Montepaschi potrebbe essere impiegato per ottenere prestiti a un costo irrisorio dalla BCE.
Un prezzo più vantaggioso persino dei tanto reclamizzati aiuti-capestro del MES. Dopo di che, quei soldi potrebbero essere impiegati in vari modi, tutti ugualmente proficui e fruttuosi per lo Stato: ad esempio, per finanziare piccole e medie imprese, per acquistare titoli di stato sui mercati secondari riducendo così il ricatto dello spread, o anche per partecipare alle aste primarie degli stessi (Montepaschi è l’unico istituto italiano a figurare nella lista delle diciassette banche cosiddette “dealers”, cioè autorizzate a partecipare in esclusiva alle aste medesime) contribuendo a ridurre gli interessi sui titoli di nuova emissione.
O, infine, per concedere direttamente prestiti a medio termine allo Stato i quali non soffrirebbero neppure delle classiche oscillazioni di valore dei titoli del debito pubblico. Quindi, grazie a questo escamotage, lo Stato potrebbe indebitarsi a tassi bassissimi con la propria banca pubblica (la quale, a sua volta, può reperire la liquidità presso la BCE), bypassando il divieto dell’articolo 123 comma 1 del TFUE. Con buona pace dei feticisti del MES e del loro miserabile risparmio di trecentocinquanta milioni di euro.
Si tratta un po’ del famoso uovo di Colombo, ma è coerente con un dato di fatto non smentibile: il nostro mostruoso debito pubblico non si è generato perché abbiamo vissuto “al di sopra delle nostre possibilità”, ma perché abbiamo pagato una caterva di interessi. Dagli inizi degli anni Novanta ad oggi il nostro Paese è stato sempre, o quasi, in avanzo primario: cioè, ha speso sistematicamente meno di quanto ha incassato con le tasse. Insomma, siamo stati bravissimi a “fare i compiti per casa”.
Purtroppo, non avendo più una banca centrale prestatrice illimitata di ultima istanza, a far data già dal famoso divorzio Bankitalia-Tesoro del 1981, è la spesa per interessi ad essere lievitata oltremisura: più di tremila miliardi in trent’anni. Quanto basterebbe, per capirci, a coprire l’intero debito pubblico attuale di circa duemilaquattrocentocinquanta miliardi. Ora che avremmo la possibilità di surrogare il “servizio” di una vera banca centrale aggirando il divieto dell’articolo 123 comma 1 del TFUE, abbiamo pensato bene di privarcene. Roba da psicopatologia. Solo Freud, infatti, è in grado di spiegarcela: “Sempre, quando esiste la prospettiva di ricevere uno schiaffo, il vero masochista porge la guancia”.

Ma cosa prevede esattamente il MES?
Prendiamo, allora come esempio, il MES a cui qualcuno sta pensando di rivolgersi per risolvere l’emergenza Covid 19 Intanto, il MES è così psicopatologicamente assurdo da avere i seguenti connotati:
1) ci presta, in caso di difficoltà e a caro prezzo, denari che noi avevamo prima conferito a lui, indebitandoci;
2) In cambio del prestito (di soldi nostri) ci fa firmare un “contratto” (lo chiamano “memorandum”) con cui gli consegniamo le chiavi di casa e pure il codice della cassaforte, per far sì che esso possa imporci “legalmente” e nell’ordine: aumento della tassazione, taglio dei servizi sociali, distruzione del sistema sanitario, scolastico e previdenziale, svendita di infrastrutture logistiche cruciali della Nazione (dalle isole alle ferrovie alle società di telecomunicazione agli aeroporti: in Grecia è accaduto). Il tutto in un contesto in cui esiste una Banca Centrale in grado di creare liquidità (a costo zero) cliccando “enter” sulla tastiera di un pc. La quale BCE, però, lo fa solo per innaffiare con continuità i bilanci delle banche private; le stesse che poi indebitano gli Stati alimentando il loro debito pubblico e lucrandoci sopra un bel po’ di quattrini.
Infine, se non siete già abbastanza indignati, segnatevi queste altre differenze tra voi e “loro” (il MES e i componenti del MES):
A) voi siete assoggettati alla giurisdizione penale e civile, senza immunità né eccezione; i membri del MES sono immuni rispetto a ogni giurisdizione (art. 35); B) voi, nel caso aveste bisogno del MES, sareste “dipendenti” dal MES e tenuti a obbedire a ogni eventuale consegna del MES; il MES è indipendente e “svincolato” da qualsiasi forma di controllo e ingerenza esterni;
C) voi avete un Parlamento le cui sedute sono obbligatoriamente pubbliche per esigenze di trasparenza democratica; i membri del MES fanno tutto rigorosamente a porte chiuse e sono tenuti a non rivelare nulla di ciò che hanno “democraticamente” deciso per il bene della vostra “democrazia” (art. 35);
D) voi dovete pagare valanghe di tasse altrimenti passate per criminali evasori; il MES è esente da qualsiasi imposta diretta e il personale del MES è esente dall’imposta nazionale sul reddito (art. 36 comma 1 e 5); E) i vostri beni sono sempre astrattamente pignorabili e sequestrabili; i loro beni, “ovunque si trovino e da chiunque siano detenuti”, no (articolo 36) e i loro locali sono pure “inviolabili” (art. 32, comma 6);
F) i vostri conti sono già ora accessibili “acca24” all’Occhio del Grande Fratello fiscale, just in time e senza limiti; i loro archivi, e qualsiasi documento da essi detenuto, sono “inviolabili”;
G) voi avete bisogno del nulla osta di qualche “Garante” anche per appendere al muro un manifesto o per portare a spasso il cane; ll MES è esente da qualsiasi obbligo di autorizzazione o di licenza per qualsiasi attività intrapresa (art. 32, comma 9);
H) se il nostro Parlamento entra in conflitto con qualche altro potere dello Stato, sulla controversia decide la Corte Costituzionale; se uno Stato entra in conflitto con il MES, sulla controversia decide il MES! (art. 37). Per finire (in bruttezza): tutte queste “garanzie” i nostri “rappresentanti” le hanno concesse a una società anonima di diritto lussemburghese con sede in Lussemburgo. Nostalgia del 1789.
Francesco Carraro
(da scenarieconomici.it)
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