di Riccardo Monaco
Mentre il nostro Paese rende grazie al messaggio di amicizia e stima del primo ministro albanese, Edi Rama, “l’Italia è casa nostra, non non ci possiamo permettere di non dimostrare all’Italia che gli albanesi e l’Albania non abbandonano mai l’amico in difficoltà”, le forze politiche preparano a darsi battaglia nelle commissioni del Senato per l’arrivo degli emendamenti al Dl Cura Italia.
Se dal ‘fronte di guerra’ arrivano i primi segnali positivi dall’analisi dell’andamento della curva epidemica dei casi di Covid-19, che confermano la necessità di andare avanti con le rigorose misure di isolamento in atto, da tutt’altra parte si colloca il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, che suggerisce una ripresa rapida delle attività produttive. Posizioni, queste ultime, immediatamente respinte dal ministro della Salute, Roberto Speranza, che ha liquidato l’ex premier affermando che “è troppo presto per abbassare la guardia, rischiamo di vanificare gli sforzi”. Dello stesso avviso il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che, dopo aver preso i primi provvedimenti per aiutare quelle migliaia di italiani impossibilitati a fare la spesa – perché o non hanno più lo stipendio o lavoravano in nero a causa del Coronavirus – si è mostrato molto perplesso sulla possibilità di allentare le restrizioni.
La prossima settimana sarà cruciale dal punto di vista economico per capire quale atteggiamento terrà l’Europa rispetto alle richieste avanzate non solo dall’Italia, ma anche dalla Francia, dalla Spagna e dal Portogallo e fronteggiate dall’Olanda e dalla Germania. Si prospettano, quindi, giorni in tutta in salita per l’esecutivo. A Palazzo Chigi il cahier de doléance è molto lungo e il primo inquilino dovrà fare i conti con le polemiche delle opposizioni, che lo accusano di aver dato solo le briciole ai Comuni per gestire l’emergenza.
Non solo il fronte interno per Giuseppe Conte, ma anche quello estero. Il sospetto è che in quei quindici giorni di attesa richiesti dal Consiglio Europeo prima di decidere sugli Eurobond ci sia il tentativo di preparare la strada per un cambio in corsa a Palazzo Chigi. Non è un caso, infatti, che la Germania abbia sussurato ad esponenti di spicco del partito democratico a Bruxelles di essere sì favorevoli all’emissione di nuovi strumenti comuni europei di contrasto alla pandemia, ma a patto che a traghettare l’Italia fuori da questa emergenza ci sia una figura più autorevole e credibile. Magari proprio quella dell’ex capo della Bce, Mario Draghi.
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