Omicidio Fanella, Denaro: “Non c’entro, aiutavo Lele a fuggire per curarsi da sclerosi multipla”

"La festa della nonna era un piano di fuga per far curare un amico. Con Fanella non c'entro." E il quotidiano il Manifesto scrive che "Macchi è fascista e colpevole ma non deve morire in carcere".

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“La festa della nonna era un piano per aiutare l’amico Lele Macchi gravemente malato ad evadere dai domiciliari e potersi curare in Francia.

Ha risposto così Manlio Denaro al Pm Giuseppe Cascini che lo ha interrogato (12 gennaio 2017, ndr) davanti alla I Corte d’Assise del Tribunale Penale di Roma, presieduta da Anna Argento, circa l’intercettazione telefonica con l’ex Nar Egidio Giuliani. Denaro si è sottoposto a tutte le domande del pubblico ministero che lo accusa di essere il mandante dell’estorsione finita male al broker romano Silvio Fanella – ucciso durante una sparatoria con tre falsi finanzieri che dicevano di dover perquisire la sua casa. La vittima si trovava agli arresti domiciliari a seguito della condanna a 9 anni per la truffa Fasteweb Telecom Sparkle che produsse fondi neri per due miliardi di euro, accreditandosi come la più grande truffa della Storia d’Italia.

Fanella, giudicato dalle sentenze come il  ‘cassiere’ di Gennaro Mokbel (condannato a 15 anni e considerato ai vertici dell’organizzazione che ideò la truffa ‘carosello’) si trovava agli arresti domiciliari il 3 luglio del 2014, quando alla sua porta suonò il commando di tre uomini che – secondo la Procura – volevano appropriarsi di un ‘tesoro’ nascosto in casa.

Ma i 32 contenitori in plastica contenenti diamanti purissimi, sei rolex, 250mila dollari e oltre centomila euro, tutti in banconote di grosso taglio non erano nella casa di Fanella in Via della Camilluccia, furono trovati dai carabinieri il giorno dopo l’omicidio nella casa di campagna della madre, nella provincia di Frosinone al chilometro 98 della Casilina.

MACCHI EVASO E FERMATO IN FRANCIA

Alla domanda del Pm su cosa intendesse per “porto i regalini” durante la telefonata intercettata Denaro ha parlato di un documento d’identità “pulito” da dare in uso al Macchi per evadere, di alcuni elastici e TRX utili alla riabilitazione fisica dell’amico malato di sclerosi multipla, che aveva in animo di fuggire dall’Italia per curarsi in Francia.

Una fuga che Macchi porrà effettivamente in essere pochi giorni dopo l’omicidio di Fanella. Esattamente 17 giorni dopo. L’uomo sarà rintracciato dalla Squadra Mobile romana, nel settembre successivo, a Port Camargue, sobborgo della città di Montpellier, in Francia e quindi estradato in Italia.

L’ARRESTO DI MACCHI IN FRANCIA DOPO LA FUGA DAI DOMICILIARI

“Ho commesso errori – ha detto Denaro, perché mi sono trovato davanti alla richiesta di un amico malato che chiedeva un aiuto e voleva avere la libertà di curarsi. Ci conosciamo da quando siamo ragazzi. Oggi lo aiuterei di nuovo, ma senza quel linguaggio infelice e criptico che ha generato questo mostruoso equivoco.”

Denaro quindi conferma di aver partecipato a un piano per aiutare la fuga di Macchi dai domiciliari con l’obiettivo di curarsi e respinge l’accusa di aver partecipato al tentativo di sequestro ed estorsione finito male ai danni di Silvio Fanella.”

Una versione – quella dell’aiuto all’amico – che trova riscontro nelle intercettazioni risalenti a mesi precedenti la morte di Fanella e pubblicate nel dicembre del 2014 da il Fatto Quotidiano e dal Messaggero.

E’ agli atti che l’uomo, qualche mese prima dell’omicidio del broker, si rivolge al Senatore Ignazio Abrignani, di cui è personal trainer nella palestra del Fleming, pregandolo di aiutarlo a spostare l’amico Macchi dalla detenzione comune all’infermeria per le sue precarie condizioni fisiche.

«Provo a sentire la Polverini – risponde il politico – intanto se riesce a spostarmelo… perchè lei conosce il direttore di Rebibbia… capito? vediamo se in tanto riusciamo a spostarlo in infermeria prima di andarlo a trovare insomma».

Sulla malattia di Emanuele Macchi ha scritto così il quotidiano comunista il Manifesto a maggio scorso, con un articolo a firma di Andrea Colombo. “Macchi è fascista e colpevole ma non deve morire in carcere”. “ll quadro clinico è devastato – scrive – pregresso cancro squamocellulare asportato alla testa, cecità assoluta all’occhio sinistro, gamba destra ridotta di quattro cm, discinesia e sospetta malattia demielizzante». La moglie racconta che «non cammina più, il braccio sinistro è immobilizzato, ha le piaghe da decubito, sviene durante i colloqui, dai 70 kg di quando è rientrato in carcere è passato a 44 kg.”

Sempre secondo il quotidiano comunista, su questa base, “la magistrata di sorveglianza avrebbe disposto una perizia medica che registra l’incompatibilità con la detenzione. La giudice non è convinta. Chiede di ripetere la perizia, che dà lo stesso esito.”

Tuttavia – scrive sempre Colombo – la magistrata afferma di sentirsi «in dovere di disattendere» le raccomandazioni e di non disporre il differimento pena. In compenso, il 2 maggio scorso, ordina il trasferimento a un carcere più vicino a casa, a Ostia, però l’amministrazione penitenziaria non procede. Il giorno seguente, 3 maggio, le condizioni di Macchi si aggravano e il medico penitenziario dispone l’immediato trasferimento in una struttura ospedaliera. Stavolta è la direzione del carcere a non ascoltare: Macchi è arrivato in ospedale solo ieri (19 maggio, ndr).

“Sarebbe opportuno – scrive sempre il Manifesto – che tutte le figure istituzionali coinvolte ricordassero che la pena di morte, nel nostro ordinamento, non è prevista.”

La festa della nonna sarebbe servita dunque a non far morire Macchi in cella.

Sull’elemento delle celle telefoniche che secondo la Procura rivelerebbero la presenza assidua nella zona tra Piazza Giochi Delfici e Corso Francia di Denaro, che agganciavano anche Giovanni Battista Ceniti e Egidio Giuliani (condannati col rito abbreviato a 20 anni come esecutori materiali, ndr) Denaro si è difeso dicendo che “in quella zona c’è casa di mia madre, c’era il negozio di mia moglie e la palestra dove lavoravo. Normale fossi agganciato ci passavo tutti i giorni.” (L’UNICO)

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