Così fan tutte, terza e ultima opera della trilogia di Mozart-Da Ponte con Le nozze di Figaro e Don Giovanni, è il primo titolo del 2017 al Teatro dell’Opera. E a dirigere è una giovane romana, Speranza Scappucci. La prima è stasera, mercoledì 18 gennaio, alle 19.30.
La Scappucci sale per la prima volta sul podio romano, con la dichiarata emozione di debuttare nella sua città e dopo aver diretto i Wiener Philarmoniker a novembre scorso, con pieno successo, nella Cenerentola di Rossini. A lei il compito di riproporre il sottile, polisenso, rarefatto capolavoro che a Roma manca dal 2007, avendovi conosciuto solo cinque allestimenti a partire dal 1950.
Ironia, elegia, inganno e disinganno, desiderio e necessità regolativa, smarrimento della colpa e calore del perdono: questo e altro è in Così fan tutte, opera in cui è difficile trovare mancanze sul piano della “grammatica degli affetti”; e che tanta finezza psicologica abbina al gioco di simmetrie e geometrie più “illuminista” che sia dato concepire. Gioco sommamente razionale, indotto dal meccanismo dello scambio di coppie, con gli amanti sotto mentite spoglie. Se c’è un testo cui calzi a pennello l’idea del “sorriso della Gioconda” che permea l’ultimo Mozart – idea che allude a una sovrana, elusiva ambiguità del prisma uomo riflesso nella musica –, quel testo è Così fan tutte.
Un’opera nient’affatto misogina, osserva Graham Vick, regista di quest’edizione romana. Tale è apparsa in tutta la tradizione interpretativa per l’ovvio fatto che le due protagoniste, Fiordiligi e Dorabella, tradiscono i loro promessi. In realtà il mirabile testo di Da Ponte, e ancor più i morbidi colori e i chiaroscuri della musica di Mozart, sono dalla loro parte: ne dicono la pienezza emotiva e la forza carnale che le rendono esposte e fragili, assai più degli uomini che si muovono in un recinto di obblighi e cinismo. (L’UNICO)
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