
Il primo maggio è stato per oltre un secolo il giorno dei lavoratori. Uomini e donne nell’Illinois, diedero il via a questa “festa” che dagli Stati Uniti fu importata in Europa e quindi in Italia. Nel nome del diritto dei lavoratori e delle vessazioni nei confronti di essi. Data fatidica fu il primo maggio 1867, anno in cui a Chicago, una manifestazione di 10 mila lavoratori costrinse i “padroni” a concedere le famose “otto ore lavorative”.
Erano lotte da XIX Secolo. La situazione è diametralmente cambiata. Oggi i lavoratori del mondo, non sono più i “proletari” ma sono tutti i produttori di ricchezza, servizi e intelletto italiani. Siamo noi partite Iva, commercianti, imprenditori, lavoratori autonomi, siamo noi impiegati, artigiani, agricoltori e intellettuali. Siamo noi che, pur essendo la spina dorsale dell’economia – da cui dipende lo stato, la previdenza, la sanità e ogni altro servizio, ci siamo disinteressati per troppo tempo a cercare di capire a chi avevamo consegnato il timone del nostro sistema economico. Fummo vittime della nostra ignoranza. E così quando i nostri politici ci vendevano alla finanza mondiale nel nome profanato dell’Europa, non riconoscevamo il ladro che ci svaligiava casa, e finimmo addirittura per farlo accomodare, preparandogli un caffé mentre gli aprivamo noi i cassetti e la cassaforte di famiglia. Con dentro tutta l’eredità dei nostri padri e dei padri dei nostri padri. Ci condannavano alla truffa del cambio fisso che serviva per favorire la Germania nelle bilance commerciali, e ringraziavamo accontentandoci del vantaggio di poter viaggiare in altri paesi europei senza la noia di dover cambiare i soldi. Siamo come quelli a cui regalano il Telepass ma nel frattempo rubano l’automobile.
La lotta di classe del “primo maggio storico” di Chicago non esiste più. Non combattiamo noi oggi per le “otto ore”. Magari potessimo lavorarne nove, oggi che ci tolgono anche l’ora d’aria. E molti di noi autonomi ne lavorano 12 di ore, e anche 15, in molti giorni della settimana. Senza ferie né malattie. Senza nemmeno la speranza e il diritto alla pensione. Non combattiamo più, come nell”800 per lavorare di meno e il giusto, pensate, noi combattiamo per lavorare (SIC!). Siamo regrediti al medioevo. Al modello latifondista. Non combattiamo come 140 anni fa per i diritti dei lavoratori, ma per il diritto al lavoro. La differenza è deprimente. Nonostante qualcuno ci avesse ubriacato con la favola della Storia come corsa inarrestabile verso il progresso, nel nome della tecnica e della globalizzazione. Un’involuzione figlia della moneta unica. Senza dubbio. Nel primo maggio dell’Illinois il “nemico” era il padrone. Nel primo maggio 2020 il “nemico” è il banchiere centrale. Da qui parte ogni programma politico che abbia a cuore il nuovo rinascimento italiano.
E se “diritti dei lavoratori”, come li abbiamo conosciuti nel solco della tradizionale lotta di classe, non esistono più, noi oggi combattiamo per l’indipendenza. Siamo i primi irredentisti della Storia svincolati da questioni meramente geografiche. Siamo gli irredenti della Moneta. Cesare Battisti morì per l’indipendenza politica dell’Italia, noi vivremo per l’indipendenza della moneta italiana.
Per questo oggi dobbiamo avere la consapevolezza di leggere questa festa non più come lotta di classe, ma come lotta “irredente”. Lotta per l’indipendenza e la sovranità di tutte le forze produttive. Dagli impiegati agli imprenditori, passando per autonomi e artigiani. Un popolo che vede tutte le forze produttive, intellettuali e del lavoro unite nell’obiettivo dell’indipendenza economica e quindi monetaria e quindi politica dalle sovrastrutture europee che oggi sembrano ambire al sistema del latifondo medievale.
Nelle fredde stanze di Bruxelles e Strasburgo è terminato il tempo della “concertazione”, termine caro al sindacalismo infiltrato dai padroni. L’Unione Europea non si può correggere né curare, perché l’UE non è un paziente malato che può beneficiare di cure. L’UE è la malattia. E’ il cancro dei popoli. L’UE si cura solo con l’amputazione. L’UE è un modello scientemente nato per lo sfruttamento delle libere forze individuali che si manifestano nella libera impresa, nei liberi mestieri, nel libero lavoro e nella libera produzione materiale e intellettuale dello spirito e del genio italiani.
Ma adesso i mille padroni d’Europa che fino ad oggi hanno tenuto in scacco 600 milioni di Europei e 60 milioni di italiani sanno che la corda sta per rompersi. E sanno che possono fare la fine, metaforicamente parlando, di Nicola II di Russia e di Maria Antonietta di Francia. Per questo, con le lacrime di coccodrillo di Von Der Leyen, ci faranno concessioni che somiglieranno al Cavallo di Troia.
Sanno che se ci fermiamo noi, non si ferma solo il Paese Italia, si ferma tutta Europa. Noi italiani dobbiamo essere consapevoli che se è vero che oggi il Paese è in ginocchio, è pur vero che la genuflessione è pure la posizione migliore per tenere l’UE per le palle.
Noi oggi abbiamo una capacità di controllo e di influenza politica, sullo scacchiere internazionale europeo, paradossalmente altissima. Il cui successo dipende solo ed esclusivamente da una consapevole lucidità e da una ferrea volontà politica. Non italiani, non dobbiamo più, come dice ogni tanto qualche timido cameriere dei poteri, battere i pugni sul tavolo o rovesciarlo. Perché i cafoni battono i pugni, e i violenti rovesciano il banco. Noi dobbiamo semplicemente riprenderlo il banco. Perché il Banco ci appartiene. Perché il Banco, con la B maiuscola, il Banco Centrale, è emanazione diretta del sudore della fronte e dell’olio di gomito dei padri dei nostri padri. Non esiste nessun organismo oligarchico che può illegalmente espropriare questo diritto naturale. Se ci convinciamo di questa verità, prendendone finalmente coscienza, risaliremo la china.
I tecnocrati al servizio dei padroni dei mercati, lo sanno che sta per scoccare l’ora X. Cercheranno di blandirci con concessioni “illuminate”. Non per salvare noi. Ma per salvare se stessi. Fanno sempre così nei periodi di shock. Capitalizzano in privato i profitti e scaricano sul popolo le perdite. La ricordate la barzelletta di Proietti? “Qui li freghiamo noi, qui ti fregano loro?
Quando fra pochi giorni torneremo alla vita sociale, e non saremo più costretti dal virus nelle nostre coscienze a dibattere questa causa, noi saremo sordi al canto delle sirene. Non facciamoci blandire dalle loro pie concessioni. Avranno solo lo scopo di indorare la pillola della sottomissione. Noi tiriamo dritti avanti, senza ideologie del passato, che possono solo distrarre e dividerci sull’obiettivo. Procederemo ordinati, senza lotta di classe e senza divisioni parrocchiali e campanilistiche. Punteremo dritti all’obiettivo dell’irredentismo monetario. Che sarà la Grande Causa dell’inizio del Terzo Millennio, proprio come l’emancipazione di classe fu per la fine del Secondo. StopEuristi d’Italia e d’Europa uniamoci! Il nostro avversario è più ricco, più forte, più specializzato e anche molto più cinico. Ma noi siamo molti di più. Nella consapevolezza della nostra superiorità morale e numerica sta il segreto della nostra rinvincita. Ce la faremo. E loro iniziano a sospettarlo.
riccardo.corsetto@gmail.com
Facebook Comments