Rivolte pro Trump, in America stanno facendo la storia

I cittadini americani hanno ricordato ai propri rappresentati che il loro voto conta e lo vogliono far contare. E se il Parlamento non vuol tenerne conto accettando i brogli senza voler adeguatamente verificare la correttezza del voto, pacificamente non sono disposti ad accettarlo neanche se a farlo è il vice del loro Presidente.

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Se seguiamo i nostri giornali Trump è solo un pazzo che non accetta la sconfitta, non vuole lasciare la Casa Bianca, sull’orlo del divorzio e ripudiato dai suoi figli che provano a farlo ragionare. A leggere questa narrazione non viene neanche la curiosità di andare a verificare cosa sta succedendo in America, ma se resistiamo allo sconforto e ci informiamo su fonti meno blasonate, ci accorgiamo che in America stanno facendo la storia.

Nel giorno dell’Epifania il Popolo Americano è sceso in piazza per difendere le elezioni, il valore del proprio voto e la Democrazia. Milioni di persone si sono messe in viaggio da tutta l’America (e l’America è un Paese grande) per presentarsi davanti al Parlamento ed alla Casa Bianca e ricordare ai loro rappresentanti che loro sono il Popolo e che non resteranno a guardare il furto della loro possibilità di autodeterminare la propria vita ed il proprio futuro.

È emozionante vedere le immagini delle piazze piene già dal giorno prima, la folla festante delle manifestazioni pacifiche, ma pacificamente determinate a rivendicare i propri rappresentanti ed il mandato politico che gli hanno dato. Nelle democrazie ci ripetiamo continuamente il fatto che ogni voto deve contare, ma queste frasi rischiano di diventare slogan vuoti di significato. Noi italiani e gli sfortunati cugini greci purtroppo sappiamo bene quanto poco hanno contato i nostri voti e i nostri mandati elettorali.

Il Popolo Americano ha ricordato ai propri rappresentati che il loro voto conta e lo vogliono far contare. E se il Parlamento non vuol tenerne conto accettando i brogli senza voler adeguatamente verificare la correttezza del voto (accettare i voti senza rimandarli indietro per una adeguata verifica) pacificamente non sono disposti ad accettarlo neanche se a farlo è il vice del loro Presidente.

In questa massa pacifica e pacificamente determinata ci sono stati anche degli infiltrati, dei BLM mascherati da vichinghi, e purtroppo una supporter di Trump ha perso la vita in circostanze ancora da chiarire (sembra sia stata uccisa da un colpo d’arma da fuoco sparato da un poliziotto), ma questo non sminuisce la portata di questo evento e di questo cambiamento epocale. Il presidente Trump, diversamente da quanto ci raccontano i giornali blasonati, è sostenuto dal Popolo Americano e ne è portavoce in questa battaglia di verità e di democrazia. Una battaglia epocale che coinvolge non solo gli Stati Uniti d’America ma indirettamente tutto il mondo, noi compresi.

Questa battaglia coinvolge le libertà politiche, la libertà di informazione (persino il profilo Twitter di Trump è stato censurato e bloccato per 12 ore), le libertà economiche e non ultime la libertà di movimento e di assembramento. In America oggi il Popolo ha combattuto per la propria autodeterminazione ed il proprio futuro dandoci una grande lezione di democrazia di cui gli siamo grati. La democrazia non è scontata ma va attivamente difesa ed il Popolo Americano oggi ha rivendicato i suoi diritti compreso quello di sapere la verità.

Cosa ci aspetta ora è difficile saperlo, ma milioni di americani non accetteranno un presidente eletto in modo fraudolento ed il loro Presidente li rappresenterà fino alla fine. Ci sarà uno scontro senza esclusione di colpi che sarà Epico ma Trump porterà avanti fino in fondo la sua battaglia ed il cuore dell’America è con lui. I rischi sono alti e Trump potrebbe ricorrere all’Insurrection Act come fece Lincoln nel 1807 per proteggere la democrazia. “Con le bugie si scatenano le guerre, speriamo che con la verità possa scoppiare la pace”, diceva Julian Assange. Dall’Italia vi siamo vicini e vi sosteniamo in questa battaglia di Verità, di Libertà e di Democrazia.

Paola De Santis

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