Santa Cecilia: il ritorno di Gergiev e dell’anima slava

E’ tutto russo il programma sinfonico settimanale di Santa Cecilia, messo a punto per il ritorno del russo Valerij Gergiev: un concerto per piano di Rachmaninov e la più russa tra le pietre miliari della musica del ‘900, La sagra della primavera di Stravinskij

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L'Unico Quotidiano Roma-gergiev

E’ tutto russo il programma sinfonico settimanale di Santa Cecilia (sala omonima dell’Auditorium, 2-3-4 febbraio), messo a punto per il ritorno del russo Valerij Gergiev: una rarità di Šcedrin, un concerto per piano di Rachmaninov e la più russa tra le pietre miliari della musica del ‘900, La sagra della primavera di Stravinskij.

Gergiev, moscovita, classe 1953, considerato tra i massimi direttori d’oggi, aveva portato due anni fa all’Auditorium romano la “sua” orchestra del Teatro Mariinskij di San Pietroburgo. Stavolta sale sul podio per condurre l’orchestra ceciliana; che passa così per tre sere dall’affabile autorevolezza di Pappano alla gestualità nervosa, febbrile di Gergiev, del cui impatto sull’orchestra ebbe modo di dire un violinista della London Symphony (stabilmente diretta da Gergiev) che “è come guidare in curva un’auto di Formula Uno cercando di mantenere l’assetto”.

Di Rodion Šcedrin, il più noto autore russo della generazione dopo Šostakovic, viene eseguito in apertura il raro Concerto per orchestra n. 1 “Naughty Limericks” in un solo movimento, del 1963. Segue il celeberrimo Concerto n. 3 per pianoforte e orchestra di Rachmaninov, solista il ventiduenne coreano Seong-Jin Cho, vincitore del concorso Chopin di Varsavia nel 2015. Chiude la serata la barbarica, vertiginosa Sacre du printemps.

 

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