di Stefano Mastrillo
“Il mio nemico non ha divisa, ama le armi ma non le usa. Nella fondina tiene le carte Visa e
quando uccide non chiede scusa. Il mio nemico non ha nome, non ha religione e il potere non lo logora”.
Questa citazione, tratta dalla canzone di Daniele Silvestri intitolata “Il mio nemico” del 2002 è più attuale che mai. Il cantante romano, classe 1968, non solo ha colto nel segno con questa canzone che poi è diventata un grande successo ed è tutt’oggi attuale, ma ha saputo guardare oltre, anticipando tutto ciò che sarebbe accaduto negli anni avvenire. Il nemico di cui si parla in questa canzone che ormai è entrato a far parte delle nostre vite già da diversi anni è il potere economico, quello dei grandi capitali, capace di far smuovere gli spread a proprio piacimento e di tenere sottoscacco le economie europee in particolare quella italiana, specialmente quando il Governo di turno non è allineato al pensiero unico dominante ossia quello neoliberista che fa figli e figliastri da tanti anni a questa parte.
Uno dei primissimi esempi che potremmo prendere in considerazione è sicuramente la gestione della crisi finanziaria del 2011 alla quale la stragrande maggioranza dei paesi europei, ad eccezione di alcuni Paesi fra cui l’Italia punita con misure di austerità che altro non hanno fatto che peggiorare la situazione di instabilità economica, ha risposto con politiche economiche anticicliche (maggior deficit in tempi di crisi per stimolare consumi e investimenti sia pubblici che privati) per arrivare all’ultimo episodio di qualche giorno fa dove Christine Lagarde, Governatore della BCE succeduta a Mario Draghi, in cui ha affermato che la BCE non si occupa di gestire gli spread sovrani facendo crollare le borse europee, scatenando il panico fra gli investitori che hanno iniziato a vendere in massa i BTP italiani. Uno scenario speculativo che abbiamo già visto, ma che il Coronavirus ormai ha messo a nudo.
Il COVID 19, più noto come Coronavirus, sta mettendo a dura prova l’economia mondiale che era già in forte rallentamento a causa della crisi del commercio internazionale: le maggiori economie mondiali stavano già rallentando (in particolare Cina, Giappone e l’area Euro) mentre per l’economia americana che ha conosciuto il suo massimo periodo di espansione economica che di crescita del mercato azionario era prevista entro la fine di quest’anno una nuova recessione (vedremo l’amministrazione Trump cosa farà per smentire questa previsione).
La pandemia scaturita dalla rapida espansione del Coronavirus ha dato una bella batosta all’economia cinese il cui indice manifatturiero è crollato a 35,7 punti, ben al di sotto della soglia limite di 50 punti (valori registrati al di sopra di questa soglia denotano prospettive future di espansione economica, viceversa una contrazione o peggio ancora recessione)
[FONTE: National Bureau of Statistics of China, rielaborazione di Trading Economics].
Tutto questo ha contribuito a bastonare anche l’economia europea, già sofferente di suo: questo scenario ha contribuito a scatenare un effetto panico in Europa poiché gli investitori temono il cosiddetto effetto contagio a livello finanziario. La Germania, anch’essa in forte difficoltà, ha annunciato un piano di circa 550 miliardi di euro per le imprese tedesche per far fronte alle perdite subite a causa del COVID 19 mentre il nostro “Giuseppi” Conte esulta per 25 miliardi ottenuti chiedendo l’elemosina… Perché si sa… “italianen baffi neri kattiven”!
COME MAI LA GERMANIA PUO’ SPENDERE TUTTI QUESTI SOLDI?
Ma come mai la Germania può spendere tutti questi soldi? Semplice: utilizzano una trucchetto contabile, cosa che invece la nostra Cassa Depositi e Prestiti non fa. Vediamo insieme in cosa consiste. La Kreditanstalt für Wiederaufbau (Kft), la Cassa Depositi e Prestiti tedesca per intenderci, è di proprietà dello Stato tedesco per l’80%, mentre il restante 20% è dei diversi Lander, e per finanziarsi emette obbligazioni a tassi di interesse che ad oggi sono negativi. Chi compra queste obbligazioni, in virtù del tasso negativo, paga alla Kft l’interesse); anche la nostra Cassa Depositi e Prestiti emette obbligazioni che pagano un interesse positivo (quindi è CDP che in questo caso paga l’interesse agli
investitori, in virtù del tasso positivo). Infatti, la Kft raccoglie circa 500 miliardi di euro, a
differenza dei 300 miliardi della nostra Cdp, che reinveste prestandoli a piccole e medie imprese a tassi di interesse decisamente inferiori rispetto a quelli di mercato, detenendo quote di capitali di grandi colossi come Deutsche Post e Deutsche Telekom.
IL GIOCHINO E’ SEMPLICE
Se mettiamo a confronto la banca pubblica tedesca KfW – al centro del piano straordinario da 500 miliardi appena messo in campo dalla Germania – e la nostra Cassa Depositi e Prestiti (CDP), sostenendo che la differenza principale tra le due consisteva nel fatto che i debiti della prima non erano conteggiati nel debito pubblico tedesco mentre i debiti della CDP, in virtù di un diverso regime contabile adottato dall’Italia, entravano nel computo del debito pubblico italiano. Mi ero basato su diverse fonti “autorevoli”, tra cui un articolo dell’ex vicedirettore ad personam del “Corriere della Sera” Massimo Mucchetti in cui si afferma che «le obbligazioni della KwF magicamente non entrano nel conto del debito pubblico tedesco», mentre «il debito della CDP è per tutta la parte coperta da garanzia pubblica conteggiato nel debito pubblico». A quanto pare, però, ho preso un granchio (in effetti, mai fidarsi del “Corriere della Sera”). Diverse persone, che ringrazio, mi hanno infatti fatto notare che in base alle regole della contabilità europea i debiti della CDP – con o senza garanzia pubblica – sono esclusi dal conteggio pubblico esattamente come quelli della KfW. Da questo punto di vista, dunque, non sembrerebbero esservi differenze tra le due banche. Esistono però differenze di altro tipo, che potrebbero spiegare il ruolo molto più “interventista” giocato dalla KfW in questi anni rispetto alla CDP: la KfW è, appunto, una banca pubblica che dunque può essere considerata a tutti gli effetti un “braccio” dello Stato tedesco, che infatti la utilizza per offrire crediti alle imprese e agli enti locali a tassi agevolati (non di mercato) ecc.; la CDP, invece, pur essendo per l’80% di proprietà dello Stato, a differenza della KfW – e delle altre sue controparti europee – non è un ente di diritto pubblico ma una società per azioni (S.p.A.), che dunque è tenuta ad operare a condizioni di mercato – «requisito fondamentale per il mantenimento della sua classificazione al di fuori del perimetro delle pubbliche amministrazioni (con conseguente deconsolidamento del suo debito dal debito pubblico ai sensi della contabilità europea)», secondo le parole del suo ex presidente Franco Bassanini – e a cui lo Stato, almeno formalmente, non può imporre di svolgere o di non svolgere una determinata attività. Ciò detto, pur tenendo presente che sarebbe auspicabile una trasformazione di CDP in banca pubblica quanto prima, è lecito immaginare che anche queste distinzioni formali vadano a farsi benedire in una situazione di emergenza come questa. Ci aspettiamo dunque che il governo utilizzi tutta la “potenza di fuoco” di CDP per sostenere l’economia in questo momento di crisi.
Ma il bello viene proprio adesso: i 300 miliardi raccolti da Cdp vengono conteggiati nel debito pubblico italiano, mentre i capitali raccolti da Kft No. Il giochino è semplice: la Germania esclude dal suo debito pubblico le società pubbliche che si finanziano con garanzie pubbliche e che coprono almeno la metà dei costi con ricavi di mercato e non con contributi pubblici (il che significa che se le società sono insolventi, interviene lo Stato tedesco… ma come? I prestatori di ultima istanza non sono proibiti nella fantastica UE? O questa regola non vale per tutti?) mentre la nostra Cassa Depositi e Prestiti e il debito pubblico italiano se la prendono in saccoccia.
Facciamo due conti: il debito pubblico tedesco senza questo trucchetto contabile arriverebbe al 97,3% del PIL, ben al di sopra dei vincoli europei. Se l’Italia utilizzasse questo trucchetto, il suo debito scenderebbe al 116%. Certo che i crucchi ne sanno una più del diavolo eh!
La nostra classe politica si è venduta per due denari alla speculazione finanziaria in nome del sogno europeo che si è tramutato in un incubo, che ha distrutto l’economia reale, quella che ha reso grande questo Paese grazie all’olio di gomito dei nostri nonni che l’ha portata a diventare la quarta economia mondiale. Distruggendo lo Stato sociale e togliendo diritti ai lavoratori e affamandoli in nome del “più Europa”: chiedere più Europa ad un Paese che sta morendo di Europa e dei suoi folli vincoli è come chiedere più droga a un tossicodipendente che sta morendo di overdose.
CORONAVIRUS CI RENDERA’ TUTTI PIU’ KEYNESIANI
Il coronavirus ha reso più keynesiani persino quelli del PD e dei Cinque Stelle che ora implorano disperatamente più flessibilità: la nave neoliberista su cui questi signori sono ormai saliti da diverso tempo sta imbarcando acqua, ma evidentemente questi signori che non hanno nulla di diverso rispetto a quelli che ballavano nelle cabine di prima classe del Titanic mentre affondava e l’acqua sommergeva quelle di prima classe, stanno iniziando a bagnarsi a piedi. Chissà a breve non cominceranno anche loro a scappare così come facevano quelli in terza classe. Questo momento potrebbe arrivare, perché la grande speculazione è appena iniziata. D’altronde la grande finanza non dorme mai. (L’UNICO)
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